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Giorgio Conte, un cantastorie d'altri tempi.
Lui è un giullare, un cantastorie d'altri tempi. Le sue canzoni sono un impasto di ironia e poesia. I suoi musicisti sono complici della sua leggerezza. I suoi concerti sono spettacoli fatti di dettagli. Questo è il mondo di Giorgio Conte, incontrato a Roma il 3 maggio, a termine di un coinvolgente live a la Locanda Atlantide, dove l'artista ha presentato parte dei brani del suo ultimo cd "L'Ambasciatore dei sogni", un insieme di piccole storie, "filastrocche", sinceri quadretti quotidiani colorati da un miscuglio di sonorità jazz ed etniche. Pezzo forte dell'album, come del concerto, è l'omaggio a Chico Buarque de Hollanda con una nuova versione de "La Banda". |
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Giorgio, dopo un anno e mezzo da "Eccomi qua", con quale spirito e quali emozioni nasce questo cd?
Tutto è nato proprio da "La Banda" e da un tributo che ho voluto fare alla canzone di Chico Buarque che mi fu affidata per una serata organizzata dal Premio Tenco al Teatro Ariston di Sanremo. E' stato molto emozionante presentare quel brano e ho voluto ricordare quell'occasione così. La canzone in realtà era già famosa grazie a un'interpretazione di Mina su testo di Testa, ma la sua traduzione non è fedele al brano. Io invece ne ho fatto una letterale e ho voluto renderla più italiana inserendo qualche accenno di "Dove sta Zaza'". Ho inserito il brano all'inizio e alla fine del disco in modo che fungesse da sipario che si apre quando la banda arriva portando allegria e suscitando emozioni e si chiude quando la banda se ne va lasciando tristezza. La frase finale del disco recita: "Tutto tornò come prima quando la banda sparì…". E poi il resto della canzoni del cd sono nate da tante storie e situazioni autobiografiche, ma comuni a tutti. Io canto canzoni da uomo. Mi piace molto "Il veglione del '99" che è uno spettacolo di umanità. Descrivo le donne che ballano tra loro senza vergogna a differenza degli uomini che le osservano ma non riuscirebbero mai a danzare. Mi è piaciuto parlare di questo argomento. "L'Ambasciatore dei sogni", invece, l'avevo scritta molto tempo fa, mi è sembrata interessante, a partire dal titolo, e l'ho inserita.
Si sente un ambasciatore dei sogni?
A giudicare dai commenti alla fine dei miei concerti, che sono del tipo: "Ci hai aperto orizzonti diversi", "Ci hai portato per mano in nuovi mondi" e tanti altri, posso pensare che le storie contenute nella mia valigia possono servire anche gli altre persone.
E l'"Habanera Rendez-vous" come nasce?
Questa canzone è nata davvero per caso. Ero a Barcellona in un ristorante. Incontrai una ragazza dell'Avana dal nome meraviglioso, si chiamava Odalise. Ci siamo divertiti a mangiare cibi piccanti e dietro il menù, dove abbiamo scelto le pietanze, abbiamo scoperto una poesia di autore anonimo. Perfetto! Esclamai. Nessuno poteva accusarmi di plagio se riprendevo quelle parole. L'ho fatto ed ho dato anche un appuntamento a Odalise… Così è nata "Habanera" che dedico proprio alla cubana che me la ispirò, anche se lei non lo sa.
Prima di iniziare a cantare le sue storie, scriveva pezzi per altri artisti, da Mina a Rossana Casale. Che ricordi ha di quel periodo?
Tanti flash. Tanti ricordi di un ragazzo di provincia che ha avuto la fortuna di incontrare i personaggi che vedeva in televisione. Se non avessi fatto l'autore per loro non li avrei mai potuti conoscere.
Quand'è che ha deciso di essere l'interprete delle sue canzoni?
Dopo aver vissuto tutte le fasi della storia della musica leggera italiana insieme a mio fratello Paolo, è nato in noi la voglia di confezionare da soli il nostro lavoro. A un certo punto ci è nato il desiderio di cantare i brani che riguardavano noi stessi e di evitare i filtri che ci sono invece tra l'autore e l'interprete che spesso non capisce, non può capire quello che canta. Ci eravamo annoiati… Anche l'avvocatura aveva ricevuto troppo da noi. Perciò abbiamo deciso di salire sul palco e fare un lavoro più divino: incontrare pubblici. Io sono partito un po' più tardi di mio fratello, forse perché non avevo grandi canzoni.
Sì, ma lo faremo solo quando un motivo artistico per farlo. Non ci facciamo guidare dai legami familiari. Per ora però c'è solo un pour parlé.
E' vero che è molto legato alla musica napoletana?
Sì, io mi sento un napoletano. Sono sicuro di avere origini partenopee. Ho inciso anche una canzone metà in napoletano e metà in francese inserita in un album che non è uscito in Italia, si intitola "La vita fosse". Il brano è "Vase" e narra la storia di un uomo che viene abbandonato dalla moglie, ma la sua reazione non è vendicativa, anzi riempie di baci la sua ex donna per tutta la notte prima dell'abbandono. Ne ho già pronta un'altra. Si chiama "L'angiulella" e racconta di una ragazza che ruba una canzone...
Ha un sogno nel cassetto?
Tanti, in particolare uno. Quello di organizzare un festival di musica dedicato agli attori. Quindi far cantare gli attori. Tutti su uno stesso palco. Sono in tanti a saper cantare e molti di loro scrivono anche canzoni. Sarebbe divertente. |